Nell’accogliente struttura delle cantine Coppi in Turi la sera del 3 novembre 2018 si è tenuto un meeting interzonale con i Club di Monopoli, Gioia del Colle Monte Johe, Noci dei Trulli e delle Grotte, Santeramo e Putignano, trainer il Club Turi Matteo Pugliese, nell’ottica della valorizzazione del territorio sull’argomento: “Il primitivo di Gioia del Colle: tra passato e presente”, relatore il Dott. Vincenzo Verrastro, Direttore del Consorzio per la tutela dei vini D.O.C. di Gioia.
Il presidente del Club Turi Matteo Pugliese, Lion Domenico Resta ha introdotto la serata con una breve storia della coltivazione viticola improntata sulla valorizzazione dei prodotti di qualità.
L’enologia pugliese racchiude in sé una grande potenzialità che si è andata sempre più ampliando dando agli intenditori pregevoli produzioni.
La coltivazione della vite domestica risale certamente a epoche preistoriche: in Egitto era già praticata più di tremila anni prima di Cristo. Numerosi reperti paleontologici in Europa dimostrano l’esistenza di piante del gene botanico “vitis” già nell’era terziaria, cioè tra i 70 e i 3/2 milioni di anni fa e da questi si è originata la “vite europea”. I primi reperti di “vitis vinifera” sono stati ritrovati in Italia nella zona di Ascoli Piceno e Fiano Romano, appartenuti all’era quaternaria, due milioni di anni fa. Passando prima ai Fenici e ai Greci in seguito, la conoscenza della vite si è diffusa nel bacino del Mediterraneo, nel corso dell’VIII secolo a.C. L’utilizzazione dell’uva da parte dei nostri antenati è databile con certezza fin dal periodo neolitico, cioè 8000/6000 anni a.C., mentre la vite coltivata, oggi “vitis vinifera sativa”, può essere datata nell’età del ferro, cioè 2000 anni a.C.
Con Roma il vino assume importanza, viene perfezionata infatti la tecnica e la qualità dei vini prodotti. Con il rafforzarsi della religione cristiana riprese la produzione del vino, che era andata scemando a causa delle guerre civili e dell’abbandono delle terre. Il vino è indispensabile nella celebrazione della Mensa Eucaristica per cui gli ordini religiosi dedicarono particolari cure alla coltivazione della vite: troviamo, infatti, monasteri benedettini e cistercensi che producono i migliori vini forse tra i più rinomati di Italia e Francia.
A seguire il Dot. Verrastro ha iniziato la sua dotta esposizione introducendo le particolarità ambientali che hanno favorito il vitigno primitivo. I fattori che determinano la vocazione di un certo territorio alla sua produzione sono di carattere: naturale (clima e suolo) e sicuramente culturale. Sono fattori determinanti la latitudine (dal 40° al 50° nord), l’orografia (particolare altitudine), il terreno (caratteristiche fisico-chimiche), il clima (pioggia-vento-esposizione solare). Differenti caratteristiche pedoclimatiche sono infatti in grado di conferire al vino peculiarità diverse che ne determinano la tipicità e l’unicità. In relazione alle caratteristiche naturali nel 1640 il regio tabulario Honofrio Tangho, nel redigire l’apprezzo del feudo di Gioia così si esprime: “…si fanno vini bianchi, rossi, tutti d’ogni sorte li quali sono sufficienti per comodità dè cittadini”.
Passando alla storia del primitivo di Gioia, la definizione di primitivo si fa risalire al botanico don Francesco Indellicati, Primicerio della Chiesa Madre di Gioia, che notò come alcuni ceppi di uva rossa, in diversi agri gioiesi, maturassero prima di altri, e da subito li battezzò “primitivus”.
Nei primi anni del 1800 in contrada Liponti, sulla via per Noci, don Indellicati impiantò 8 quartieri di vigna pari a circa 1,26 ettari di alberello. Questa coltivazione si espande rapidamente nei paesi confinanti come Acquaviva delle Fonti e Turi, dove nel 1877 il “primaticcio” di Turi, produzione del Sig. Domenico Cozzolongo, ha la medaglia d’argento nella seconda fiera dei vini italiani tenutasi a Roma,. Nel 1885, forse, per il matrimonio tra la contessa Sabini di Altamura e il Conte Tommaso Schiavoni Tafuri di Manduria, la contessa porta in dote delle barbatelle che vengono impiantate in Campomarino, frazione di Maruggio. Nel 1891 il conte imbottiglia il vino ottenuto, chiamato “Campomarino”, di cui era gelosissimo tanto da farlo assaggiare soltanto ad alcuni amici intimi.
Nei tempi recenti, e facciamo un salto nel 1986, durante una visita in Puglia, il fito-patologo Goheen dell’Università di Davis in California, notò delle similitudini tra lo Zinfadel californiano e il Primitivo pugliese. Questa sinonimia fu approfondita mediante l’analisi del DNA che individuò la similitudine tra il primitivo, lo Zinfadel e il croato Crljenak Kcastelanski, tutti sinonimi di una stessa varietà. Questo ha portato con successivi approfondimenti all’intuizione della possibile origine balcanica del primitivo pugliese.
Nel 1974 il primitivo di Manduria ottiene il riconoscimento D.O.C. mentre Gioia del Colle deve aspettare il 1987. Nel 1997 si ha l’albo dei vigneti della D.O.C. di Gioia del Colle presso la Camera di Commercio di Bari con 14 aziende rivendicanti. Cantine con bottiglie attualmente in commercio sono: Petrera e Cantine del Colle di Gioia del Colle, Coppi e Giuliani di Turi, , Cantina Sociale di Cassano.
Il futuro è la richiesta da parte del consorzio della denominazione D.O.C.G. per le produzioni del territorio del primitivo di Gioia.

Antonio G. Pinto

Relatore, Presidente Resta e Presidente Tritto
Soci e Ospiti
Presidente Resta e Dott. Verrastro
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