La sera del 24 novembre u.s. il L.C. Turi Matteo Pugliese ha vissuto un’esperienza da ricordare. Oltre ad aver fatto entrare un nuovo socio che arricchisce la nostra famiglia, il Club, insieme ad altri cinque Lions Club appartenenti alle zone 10 e 11, L.C. Monopoli, L.C. Noci dei trulli e delle grotte, L.C. Gioia del Colle Monte Johe, L.C. Santeramo, L.C. Putignano , L.C. Acquaviva delle Fonti pura defluit, con il contributo del Centro Studi di Storia e Cultura di Turi “Matteo Pugliese”, ha chiuso le celebrazione del Centenario della Grande Guerra con una conversazione del Prof. Giuseppe Poli, Ordinario di Storia Moderna all’Università “Aldo Moro” di Bari che, da par suo, ha trattato il tema della serata: “L’Italia nella Grande Guerra”.
Non è compito facile condensare nel breve spazio concessomi dalla rivista distrettuale tutto quello che il Prof. Poli ci ha detto in più di due ore di eloquio. Ha trattato l’argomento a 360° mettendo in evidenza le cause per cui l’Italia giunse a dichiarare guerra agli Imperi Centrali, dimostrando, a suo parere, l’errore in cui si incorre nel ritenere che la Prima Guerra Mondiale possa essere definita per gli Italiani come IV Guerra d’Indipendenza. Non dimentichiamo che il Prof. Poli è un esperto di questi temi in quanto Presidente del Comitato Provinciale di Bari dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano e, come tale, dirige la rivista “Risorgimento e Mezzogiorno”.
Egli, mediante un’analisi avvalorata da una serie di considerazioni, ha dimostrato l’impossibilità di considerare questa Guerra Mondiale come conclusione logica del Risorgimento. Questa aspettativa era nelle speranze degli esponenti più sinceri e patriottici dell’interventismo democratico, di coloro che si ispiravano agli ideali risorgimentali per l’annessione di Trento e Trieste. Purtroppo, negli ultimi decenni dell’Ottocento e prima che l’Italia entrasse in guerra, si erano manifestate altre attese nella politica estera italiana. Il tutto era esattamente l’opposto dell’ideologia risorgimentale la cui finalità tendeva all’Unità della Nazione Italiana e al conseguente raggiungimento dei confini naturali. Invece, il trattato segreto di Londra (26 aprile 1915) determinò una serie di speranze su possibili acquisizioni territoriali da parte dell’Italia. La pace di Versailles vanificò queste attese e produsse il mito della “vittoria mutilata”, aprendo la strada all’involuzione della politica italiana culminata con l’avvento del Fascismo.
Un’analisi spassionata ha tenuto la platea attenta e in religioso silenzio nell’ascolto del relatore il quale ha evidenziato i seri problemi che offuscavano l’orizzonte dello scenario europeo a partire almeno dall’ultimo trentennio dell’Ottocento. In tal modo egli ha tracciato un quadro chiaro delle vicende che portarono l’Italia nella grande avventura della Prima Guerra Mondiale, spaziando dal Congresso di Vienna del 1815 alla rivoluzione industriale, alla formazione delle potenze europee, all’umiliazione della Francia nel 1870 dopo la sconfitta di Sedan (1870) e al “revanchismo” dei cugini d’oltralpe, alla disperata situazione o, meglio, incosciente impreparazione dell’esercito italiano.
Nelle parole del professore si sono susseguiti personaggi come Cavour, Giolitti, Salandra, Salvemini, Mussolini, Croce, D’Annunzio, Marinetti ecc. ecc.
Lo scoppio di questa guerra, al quale seguì immediatamente la dichiarazione di neutralità italiana, trovò la Nazione divisa tra una larga maggioranza incline al mantenimento di questa opportunità e una rumorosa minoranza di interventisti favorevoli alla guerra. Costoro, infatti, erano supportati e largamente sostenuti da importanti gruppi industriali italiani, che vedevano nella guerra la possibilità di commesse per le loro imprese, nonché da ulteriori sostegni finanziari di derivazione francese. Così, a metà febbraio del 1915 vennero avviate trattative segrete con l’Intesa (Francia e Inghilterra), in palese contraddizione con la presenza dell’Italia nella Triplice Alleanza, stipulata sin dal 1882 e successivamente rinnovata. Furono questi “giri di valzer” a condurre alla stipula del già menzionato Patto di Londra che riconosceva all’Italia oltre ai territori di Trento e Trieste compensi territoriali in cambio dell’entrata in guerra a fianco dell’Intesa.
Nelle cosiddette “radiose giornate di maggio” del 1915 la propaganda a favore della guerra toccò livelli di esasperata adesione da parte del frastagliato raggruppamento degli interventisti tra i quali i nazionalisti e i futuristi ebbero un ruolo di primo piano. In seguito a questi episodi, il 23 maggio seguì la dichiarazione di guerra all’Austria e l’entrata in guerra nel giorno successivo.
L’Impreparazione dell’esercito italiano, nota ai suoi alti gradi e a S.M. Vittorio Emanuele III, non fu tenuta in alcuna considerazione. Infatti l’incapacità dei generali italiani, ancora legati alle strategie ottocentesche della guerra combattuta con attacchi frontali e all’arma bianca, portò alla perdita di 600.000 uomini e a 1.000.000 di feriti.
La guerra fu combattuta principalmente nelle trincee del confine alpino, come ampiamente documentato dalla raccolta fotografica allestita nella sala, ma anche sentita dalle incursioni della marina austriaca lungo il nostro litorale adriatico sino alle coste pugliesi. Le incursioni aeree sui nostri porti costrinsero, per esempio, Brindisi a coprirsi di palloni areostatici antiaerei.
Molto più grave fu, e il popolo italiano lo ha scoperto moltissimi anni dopo (nel 1967 con la desecretazione dei documenti), l’inefficienza strategica degli alti comandi militari che, dopo Caporetto, scaricarono sui soldati la loro incapacità durante quella fase del conflitto. Il nostro esercito era costituito, per lo più, da poveri contadini analfabeti, sradicati dalle loro terre e inviati nelle trincee del Carso e del Grappa per essere utilizzati come carne da macello e spesso passati per le armi come disertori o sobillatori rossi con giudizi sommari o addirittura senza processo.
Per non approfittare della pazienza del pubblico, il Prof. Poli ha sorvolato sulle condizioni precarie della vita di trincea, sulle brigate italiane decimate dall’uso dei gas asfissianti e sui poveri sodati, quando non ancora morti, ma solo storditi, erano finiti a colpi di mazze ferrate dalla soldataglia croata.
Purtroppo anche gli eccessi sono tra gli aspetti crudeli della guerra che rende gli uomini più simili alle bestie!
Infine il Presidente Resta ha ringraziato l’oratore facendo notare l’attenzione emotiva che la sua esposizione e chiarezza dei concetti espressi ha suscitato nel pubblico.
Come da cerimoniale, la serata è stata conclusa da un breve ma interessante intervento del Presidente di zona Luana Tritto.
Antonio G. Pinto

